consorziogst_difesa_suolo_ripartizione_fondiLombardia in testa alla classifica del riparto dei fondi per il dissesto idrogeologico. Seguita da Emilia Romana, Toscana, Sicilia e Piemonte. Con un peso complessivo del 60% circa per il Centro Nord, contro un 40% del Mezzogiorno. L’unità di missione Italia Sicura ha appena chiuso il percorso di un Dpcm che fissa gli indicatori di rischio dei diversi territori. Può sembrare un dato solo tecnico, ma avrà una grande importanza per i finanziamenti futuri.

Tramite le percentuali indicate dal provvedimento, infatti, sarà individuato nei prossimi anni il riparto di tutte le risorse per la messa in sicurezza del territorio. A partire da quelle del fondo di progettazione, ormai prossimo al via libera finale. Il Dpcm che contiene gli indicatori, per la precisione, è stato appena firmato. Mauro Grassi, responsabile tecnico dell’unità di missione, spiega qual è la filosofia che sta dietro al provvedimento: «L’idea di questo lavoro è nata discutendo la possibilità di distribuire le risorse sulla base di indicatori quantitativi oggettivi, scientificamente fondati, senza più fare riferimento a elementi basati sulla congiuntura politica». Il tema è quello della ripartizione dei fondi tra le Regioni. In pratica, si fissano dei paletti per indicare a monte quali sono le aree a maggiore rischio che, quindi, necessitano più risorse.

«Il nostro obiettivo era elaborare un indicatore specifico per il dissesto idrogeologico, per questo ci siamo messi al lavoro con Ispra». Nella sostanza, sono state elaborate delle tabelle che valutano anzitutto due elementi: l’area delle Regioni e la popolazione residente. Ai due fattori, però, non viene dato lo stesso peso. «Visto che parliamo di investimenti sul territorio, più che la popolazione conta per l’appunto il territorio». Quindi, l’estensione in chilometri quadrati pesa per il 70% mentre il numero delle persone residenti pesa per il 30%.

Per dare una definizione maggiore a questi parametri, che da soli non bastano, sono stati poi calcolati una serie di indicatori di rischio, sulla base dei dati di Ispra: riguardano frane, alluvioni, erosione costiera e valanghe. Tutti questi elementi sono stati misurati considerando i danni che possono essere portati alla popolazione residente e ai diversi siti presenti nelle Regioni. Da tutti questi numeri viene fuori un parametro unico, che misura il grado di rischio delle diverse zone. Tenendo presente che «abbiamo corretto l’indicatore per tutelare le Regioni più piccole, che altrimenti sarebbero state penalizzate e che tutti questi numeri sono stati approvati dalle Regioni».

Viene fuori così una classifica del rischio. Il più alto lo ritroviamo in Lombardia, che ottiene un indice di rischio del 9,5%, il più elevato in assoluto. Al secondo posto c’è l’Emilia Romagna, con un indice del 7,8%. Più indietro la Toscana, con il 7,7%, e Sicilia e Piemonte con il 7,6%. Intorno a quota 6% ci sono diverse aree: Puglia, Campania, Lazio, Veneto. In generale, comunque, l’indice attribuisce più quote alle Regioni del Nord che, complessivamente, viaggiano attorno al 60% circa. Anche se c’è da considerare che questo riparto non potrà superare la divisione dei Fsc, solitamente attribuiti al dissesto: in quel caso c’è una rigida divisione che dà al Mezzogiorno almeno l’80% dei fondi.

Altro punto importante dell’indice è che andrà aggiornato annualmente. «Più fai operazioni di investimento che diminuiscono il rischio e più dovrebbe diminuire l’indicatore – dice ancora Grasso. Questo in automatico dà la possibilità di togliere un po’ di risorse dalle Regioni meno rischiose per concentrarle su altre aree». Il primo impiego di queste percentuali non è lontano. «Gli elenchi del fondo per la progettazione saranno composti sulla base di questo nuovo indicatore». La lista di opere è a un passo dalla chiusura. Per il via libera finale mancano solo alcuni passaggi formali ma, a questo punto, è questione di poco.

Fonte: Edilizia e Territorio – Il Sole 24 Ore