Cassazione su scarti di cantiereUn materiale può essere considerato un sottoprodotto e non un rifiuto solo quando fin dall’inizio ne sia certa la destinazione al riutilizzo.
È quanto ha stabilito la sentenza della Cassazione n. 41607 del 13 settembre 2017, con la quale i giudici hanno evidenziato come «la mancanza di certezze iniziali sull’intenzione del produttore/detentore del rifiuto di “disfarsene” e l’eventualità di un suo riutilizzo legata a pure contingenze, impedisce in radice che esso possa essere qualificato come “sottoprodotto”».
Ne deriva che, secondo la Corte, il deposito di rifiuti da demolizione in attesa di un loro eventuale – e quindi non certo – riutilizzo è di per sé la prova dell’incertezza iniziale sul loro riutilizzo, prima ancora della loro produzione.

I giudici si sono poi soffermati sul reato di gestione illecita dei rifiuti di cui all’art. 256 del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente).
Si tratta di un illecito comune, hanno chiarito, che può essere commesso, come tale, da chiunque si occupi senza esserne autorizzato di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti. Come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, infatti, affinché possa configurarsi tale reato ciò che rileva non è la qualifica soggettiva di chi lo commette, ma l’attività concreta posta in essere in assenza delle prescritte autorizzazioni.